La gioia della misericordia e Nicole Oliveri, teologa

Tutta la storia della salvezza ci mostra il volto misericordioso di Dio, che ci ama di una “tenerezza viscerale”, e raggiunge il suo culmine nell’incarnazione di Cristo per noi: infatti, il mistero redentivo della sua passione, morte e resurrezione, “porta in sé la rivelazione della misericordia nella sua pienezza” (Giovanni Paolo II, Dives in Misericordia 7). La misericordia però, non è soltanto un attributo divino: è la chiamata ad essere conformi a Dio, ad essere misericordiosi come il Padre celeste che ha cura di tutti i suoi figli.

Rispetto alla cultura odierna dello scarto, che guarda all’altro come oggetto da utilizzare, il Vangelo continua a provocarci perché ci prendiamo cura del nostro prossimo, una cura che non è dono del superfluo, ma è condivisione di ciò che abbiamo.

La creazione dell’orchestra infantile “Quattrocanti” nasce proprio dall’esigenza di rimettere al centro la condivisione.

La condivisione di ciò che si è: bambini di otto etnie differenti che crescono insieme come in una grande famiglia, dove le diversità diventano occasioni di ricchezza per tutti, perché ciascuno è apportatore di un valore aggiunto.

La condivisione come dare un’opportunità a ognuno, al di là delle proprie condizioni socio – economiche e della propria provenienza.

La condivisione come costruzione di una rete di relazioni, dove ognuno sa che, se manca il proprio apporto, non è possibile fare orchestra e tutta la comunità ne risente.

La condivisione come promozione di una cultura dell’inclusione in cui si accetta anche il rischio di essere etichettati per ciò che si ha o non si ha, per ciò che si è o non si è.

L’orchestra nasce il 1 novembre del 2012 e prende le mosse dall’esperienza del Sistema del Maestro venezuelano Abreu, che “è riuscito a far vivere nel nostro tempo un nuovo umanesimo […]: nel suo paese ha portato l’arte al centro del pensiero dello stato, nel quale ora il vivere civile è incentrato sulla cultura all’educazione e alla bellezza, che nutrono intrinsecamente e trasmettono efficacemente a chi le coltiva i valori fondamentali del rispetto, dell’altruismo e della solidarietà” (C. Abbado).

La nostra associazione ha cercato di reinterpretare il modello Abreu dalle favelas del Venezuela al centro storico della città di Palermo, per costituire un’alternativa concreta alla noia domestica o alla strada: a 40 bambini è stato donato gratuitamente – al di là del proprio ceto sociale – uno strumento, secondo le loro propensioni e talenti naturali, e ogni giorno 12 maestri professionisti insegnano a suonare loro come classe di strumento. Il metodo, infatti, favorisce l’apprendimento di gruppo, il senso della comunità, il rispetto reciproco e l’acquisizione delle regole di giustizia e legalità, nella gioia e nel divertimento dell’apprendere nel fare musica insieme.

Non è solo questione di musica: non tutti diventeranno grandi musicisti, ma a tutti è data l’opportunità di crescere primariamente come persona, nella dimensione spirituale, nei suoi ideali, nell’aspetto umano di fraternità e poi anche come musicista.

Come più volte affermato dal M. Abreu, “l’arte non deve essere un monopolio delle classi elevate, ma un diritto sociale […] E nessun progetto sociale di un Paese può prescindere della democratizzazione dell’arte, in particolare della musica. Suonare in un’orchestra è una metafora della convivenza civile. Stimola […] la solidarietà, il rispetto, l’autostima. La musica è armonia, ansia di perfezione, richiede concentrazione, obbliga a tenere conto degli altri. Tutto questo non può che avere conseguenze etiche”.

Il metodo prevede che, dopo i primi anni che si suona in orchestra, gli stessi ragazzi, a loro volta diventano maestri dei bambini che entrano a far parte dell’orchestra, in un circolo virtuoso che mira a diffondere a cascata il metodo e che gradatamente responsabilizza tutti i membri dell’orchestra a prendersi cura gli uni degl’altri in un rapporto più affettivo, cosicché l’orchestra diventa una famiglia.

Tramite i ragazzi, inoltre, miriamo a coinvolgere anche le famiglie in un’azione che si prende cura dei giovani nella loro totalità e che mira a un rafforzamento dell’autostima di tutto il gruppo familiare.

Attraverso lo stare insieme, la costruzione di relazioni significative, la sensibilità alla musica e all’arte, educhiamo i nostri ragazzi alla bellezza come principio identificativo della verità e del bene.

Come ci ha ricordato Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, la bellezza è autentica nella luce del “legame inseparabile tra verità, bontà e bellezza” per questo è necessario “recuperare la stima della bellezza per poter giungere al cuore umano e far risplendere in esso la verità e la bontà del risorto” (Evangelii Gaudium n. 167).

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