UMANESIMO DIGITALE 6-10 luglio
Una scelta di solidarietà per la vita dinanzi ai nuovi flussi migratori: è il tema di questa settimana in vista di Firenze 2015.
A parlarne con Filippa Dolce, il professor Fulvio Vassallo Paleologo, componente del Collegio del dottorato in diritti umani dell’Università di Palermo, e il Cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento.
Da lunedì 6 a giovedì 9 luglio, Fulvio Vassallo Paleologo si è soffermato sulla mobilità come diritto fondamentale dell’essere umano. Chi fugge oggi dalla propria patria lo fa in primis per scappare dalla guerra e dalla morte, affrontando traversate durissime, fatte anche di privazioni e stupri. La campagna denigratoria in atto non tiene conto di quanto sofferti siano questi viaggi, e perfino i numeri degli ingressi dei migranti in Europa sono meno preoccupanti di quanto un certo modo di fare informazione vorrebbe fare credere.
Anno fondamentale nella storia della nuova emigrazione è stato il 2010, quando l’Italia mise in atto un piano di respingimento collettivo nei confronti dei migranti, costato al nostro Paese una condanna da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo. Una crescita esponenziale dei flussi si ebbe partire dal 2013, ed è comunque utile ricordare che molti uomini e donne che arrivavano (e che arrivano) in Italia proseguivano (e proseguono) verso il nord Europa. Lì, spesso, le prospettive di lavoro sono migliori e si trovano già nuclei di persone arrivate dal luoghi di guerra. Paesi come Gran Bretagna, Europa dell’Est, Francia e Spagna hanno rifiutato l’accesso ai nuovi migranti, così che l’Italia resta il luogo più esposto. Un corretto riconoscimento del diritto alla mobilità comporterebbe, invece, il transito di chi scegliere la propria patria e vuole ricongiungersi alla famiglia.
All’Europa mancano dunque essenzialmente regole unificate per l’accoglienza e un aiuto da parte dell’Europa ai Paesi più esposti. Anche il progetto Frontex – per cui l’Unione Europei stanzia gli stessi fondi che l’Italia stanziava per Mare Nostrum – si è rivelato molto lacunoso. Compito dell’Italia è fare valere le proprie posizioni di Paese che accoglie gli sbarchi e formulare un progetto per un trattamento più umano dei profughi.
Nelle sue riflessioni del 10 luglio, l’Arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro ha sottolineato che per comprendere i processi migratori, si deve innanzi tutto prendere atto del fatto che si tratta di un cambiamento strutturale con cui dobbiamo e dovremo confrontarci. Spesso si ha paura dell’altro perché questo ci fa da specchio, o perché ci ricorda quando i nostri avi erano in condizioni simili, nel ruolo di migranti.
Lampedusa è diventata il simbolo dell’accoglienza, un luogo che chi arriva in Italia ricorderà sempre. In questo senso il mondo dell’informazione dovrebbe orientarsi più sulle storie di integrazione che sui numeri; il mondo della politica tende a considerare i flussi migratori come un’emergenza più che come fatto strutturale. Di fatto, questi viaggio della speranza sono il frutto di periodi prolungati di sfruttamento di risorse naturali e umane da parte dell’Occidente.